L’amministratore della società che gestisce una pista da slittino ha l’obbligo di valutare il rischio connesso all’attività sportiva prima di conferire ad altri l’eventuale delega per la sicurezza.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (C. Cass. Pen., sez. IV, sent. 9 luglio 2018, n. 30927, cui ha fatto seguito la sez. III, sent. 9 luglio 2019, n. 50427), intervenuta in un caso di omicidio colposo avvenuto a seguito di incidente sulla pista dedicata allo slittino, ha trattato l’argomento della delega di poteri conferita in materia di sicurezza, richiamata come “scudo” dall’amministratore delegato per dimostrare la sua estraneità ai fatti.

Più in particolare, l’imputato, giudicato insieme ad altri soggetti tra cui il destinatario della delega in parola, lamentava la decisione dei giudici di merito che lo avevano condannato in quanto, precedentemente al sinistro, aveva conferito ad un proprio dipendente l’incarico di occuparsi della sicurezza degli impianti e delle piste da discesa nonché il compito di predisporre le misure necessarie a rendere sicuro lo svolgimento dell’attività sportiva sulla neve. La delega, sottolinea l’imputato, era stata conferita con atto notarile e, pertanto, rispettava i requisiti previsti dall’art. 16 D.Lgs. n. 81/’01. Ricorda la Corte come, però, l’articolo ora citato, imponga al delegante di individuare il delegato in un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza e di dotarlo di poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa che gli consentano di adempiere al mandato. Non solo: la delega, all’interno di un ente collettivo, per aver l’efficacia pretesa dall’imputato, deve consentire al delegato di conoscere le responsabilità attribuitegli, conferendogli autonomia gestionale e capacità di spesa tali assicurargli la possibilità dell’effettivo esercizio della delega stessa.

Ora, nel caso in esame gli Ermellini, riconosciuta la sussistenza dell’atto formale di conferimento della delega, versata in atto notarile, hanno affermato che, in concreto e sostanzialmente, non vi sia stato quel trasferimento degli obblighi di prevenzione e sicurezza, gravanti sull’imprenditore, capaci di mandarlo esente da responsabilità: il delegato, infatti, era palesemente privo delle capacità e competenze necessarie, essendo stato promosso dirigente nonostante la qualifica di operaio precedentemente rivestita. Non solo: risultava anche privo dei poteri e delle dotazioni economiche indispensabili allo svolgimento dell’incarico. La delega, pertanto, è stata ritenuta mancante di ogni effetto concreto, palesandosi come strumento con cui si è provato a perseguire unicamente il trasferimento della responsabilità ma non l’adempimento degli obblighi di legge.

 

Solo una delega effettiva, sottolinea la sentenza, può ridisegnare la mappa dei poteri e delle responsabilità, residuando in capo al delegante l’obbligo di vigilanza sul corretto svolgimento del potere conferito al delegato, mentre laddove siffatta delega manchi resta in capo al dirigente (delegante) la responsabilità del sinistro riconducibile all’organizzazione concreta dell’attività, essendo di fatto inerente i compiti afferenti alla sua qualifica. Ma l’effettività ora richiamata deve essere oggetto di attento vaglio da parte del Giduice, omesso nel caso in parola dalla Corte d’Appello, che si è limitata ad enunciare le ragioni che l’hanno indotta a negare l’effetto liberatorio, senza scendere – una volta affermata l’insussistenza sostanziale del trasferimento dei poteri – nell’esame del rapporto fra imprenditore e dirigente, con riferimento al contenuto degli obblighi di sicurezza derivanti dalla organizzazione assunta dall’impresa.

Da qui la decisione della Cassazione di annullare la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Trento con esplicito invito a svolgere quell’approfondimento che, partendo dall’indagine sul contenuto dell’atto, consenta l’individuazione dell’unicità o pluralità dei soggetti titolari di posizioni di garanzia, muovendo dall’identificazione del rischio che si è concretizzato in relazione al contesto, alla sua complessità ed alle attribuzioni di settore conferite dall’imprenditore nell’organizzazione dell’impresa, nonché all’eventuale insufficienza di quest’ultima.

Celebratosi il processo d’appello “bis” l’imputato, condannato, ricorreva nuovamente in Cassazione che, con sentenza del 17 luglio 2019, emessa dalla Sez. III, n. 50427, definitivamente pronunciandosi rigettava il ricorso, confermando di fatto la responsabilità dell’amministratore delegato che, in quanto gestore di una pista di slittino, ha l’obbligo, non delegabile, di valutare tutti i rischi connessi all’esercizio della pista medesima, dovendo rispondere, a titolo di colpa, della morte di un utente della pista, deceduto a causa di un incidente provocato da una situazione di pericolo – quale l’uscita dal tracciato a causa del fondo ghiacciato e lo schianto contro un ostacolo ubicato nelle immediate vicinanze – che non era stato valutato dal medesimo prima della messa in esercizio della pista.