Per disporre il sequestro preventivo, ex art. 53 D.Lgs n. 231/’01, a carico di enti o società, non è ammesso il ricorso a “presunzioni” ma deve verificarsi la ricorrenza delle esigenze cautelari del periculum in mora e dell’id est.

 

La Corte di Cassazione, con sentenza depositata il 5 aprile scorso (Sez. VI, n. 14047/’24), è intervenuta annullando il provvedimento del Riesame di Macerata che aveva rigettato la richiesta del ricorrente di annullare il decreto di sequestro preventivo del profitto, derivante dall’illecito amministrativo previsto dall’art 24 D.Lgs n. 231/’01, in relazione ai delitti presupposto di indebita percezione di erogazioni, truffa ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture.

Motivo di doglianza, con il quale si deduce la violazione di legge, è il mancato vaglio del periculum in mora, giustificato, secondo il Tribunale, dalla circostanza che la confisca disciplinata dall’art. 19 D.Lgs n. 231/’01 presenti natura obbligatoria. La difesa, nel richiamare i principi già affermati dalle Sezioni Unite (C. Cass., Sez. Un., n. 36959/’21), sottolinea come il provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, debba invece sempre contenere la motivazione in ordine alle esigenze cautelari che mira a tutelare: non potrebbe, infatti, condividersi l’argomento secondo il quale simile motivazione non sarebbe richiesta ove il sequestro fosse finalizzato ad una successiva confisca obbligatoria.

La sola qualificazione formale della confisca come “obbligatoria” non consentirebbe, secondo gli Ermellini, di distinguerla, in punto motivazione, dalla confisca “facoltativa”, per la quale ricorrerebbe un obbligo motivazionale in quanto non congruente rispetto al criterio di valutazione rappresentato dall’anticipata apprensione di un bene che, qualora ove il giudizio si definisse con pronuncia assolutoria, non potrebbe certo essere confiscato.

Ciò, secondo la recente pronuncia, vale ancor più nel caso di sequestro a danno di un ente e non di una persona fisica: secondo il D.Lgs n. 231/’01, la confisca, infatti, sarebbe espressamente qualificata quale sanzione e, così, il sequestro finalizzato alla confisca assumerebbe la “forma” di una vera e propria anticipazione del trattamento sanzionatorio, nonostante non sia ancora stata accertata la responsabilità dell’ente medesimo.

E, allora, proprio la natura della confisca, come gli effetti della sua anticipazione in fase di sequestro, costituiscono quegli elementi che rendono necessaria un’esplicita motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora, posto che tale requisito si rende ancor più necessario nell’ambito del giudizio a carico degli enti.

Da qui, l’ulteriore considerazione di come l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro preventivo, ai fini di confisca, consenta non solo il rispetto del principio di proporzionalità ma anche, e soprattutto, eviti la violazione della presunzione di non colpevolezza di rango costituzionale.

In conclusione, deve ritenersi che la previsione speciale riservata agli enti, così come dettata all’art. 53 D.Lgs n. 231/’01, non diverga, circa i presupposti di applicabilità del sequestro, da quella generale disciplinante il sequestro finalizzato alla confisca, prevista dal codice di rito all’art. 321 co. 2: la natura stessa delle misure cautelari impone, infatti, la ricorrenza del duplice requisito del fumus e del periculum, sicché non v’è, secondo la Corte, ragione alcuna per ritenere che il decreto di sequestro, benchè adottato ai sensi del D.lg.s n. 231/’01, non debba contenere la sia pur sintetica motivazione in ordine alle esigenze cautelari che il sequestro mira a tutelare.